Questa specie di disperazione si vede di rado nel mondo; tali forme si trovano veramente soltanto nei poeti, cioè nei veri poeti, i quali danno sempre alle loro creazioni l'idealità "demoniaca", se si intende questa parola nell'originale senso greco. Tuttavia una tale disperazione si incontra anche nella realtà. Qual è allora l'esteriorità corrispondente? Non ce n'è nessuna che "corrisponde", giacché un'esteriorità corrispondente, corrispondente alla taciturnità, è una contraddizione in se stessa; perché, se corrispondesse, rivelerebbe. Qui l'esteriorità è del tutto indifferente, qui dove la taciturnità o, come si potrebbe anche chiamare, un'interiorità impazzita, è ciò che prevalentemente bisogna prendere in considerazione. Le forme più basse della disperazione, in cui, in fondo, non c'era interiorità alcuna e in ogni caso non c'era da dirne nulla, queste forme più basse le dovevamo rappresentare descrivendole o parlando dell'aspetto di un tale individuo disperato. Ma quanto più spirituale si fa la disperazione, quanto più l'interiorità diventa un mondo a sé, chiuso in se stesso, tanto più è indifferente l'aspetto esteriore sotto il quale si nasconde la disperazione. E la disperazione stessa, più si fa spirituale, più bada, con accortezza demoniaca, di tenere chiusa la disperazione nell'interno, e più cerca, perciò, di neutralizzare l'esteriore, di renderlo più che può insignificante e privo di interesse. Come nelle favole il folletto sparisce attraverso una fessura che nessuno può vedere, così la disperazione, quanto più è spirituale, più si sforza di circondarsi di un aspetto esteriore sotto il quale normalmente non verrebbe in mente a nessuno di cercarla. Questo modo di nascondersi è proprio qualcosa di spirituale, è uno dei mezzi per assicurarsi, quasi dietro alla realtà, un recinto chiuso, un mondo esclusivamente per se stesso, un mondo in cui l'io disperato, senza posa e in tormenti da Tantalo, si dà da fare per voler essere se stesso.
S. Kierkegaard, La malattia mortale, Oscar saggi Mondadori, Milano 1991, pp. 83-84
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