Cercando nel labirinto degli specchi

Monday 29 April 2013

Sindrome dell'amor fantasma




C’era una volta una bella bambina, che una strega cattiva aveva fatto addormentare.

Viveva, cioè dormiva, da un’eternità in una bara, uno scrigno di cristallo fatto su misura per lei.

Dormiva, cioè esisteva, nella sua bella campana di vetro, nel bosco – cioè in una foresta fatta di rami contorti e brutti sogni intrecciati, in cui la luce del sole non passava mai. 
Solo la luna filtrava ogni tanto tra gli alberi, puntando il suo bianco fascio sulla splendida bara della bambolina di neve

La chiamavano così – o meglio, così l’avevano chiamata un tempo, quando ancora era viva… o meglio, quando ancora era sveglia – perché sembrava fatta proprio di porcellana esangue, come se, quando era nata, fosse già stata morta, davvero.

Se stava là, cioè sognava, da anni e anni, un infinito di lune, accompagnata nei suoi viaggi immoti solo dalla sua bellezza pura e senza colori, dal profumo dei suoi lucenti capelli neri, e dallo sguardo insonne del cielo.

Dormiva e sognava da quando la regina l’aveva deciso, e con una mela aveva sostituto il proprio cuore spezzato – spezzato da lei, dalla bambolina di neve, che coi suoi lucenti capelli corvini, e la sua pelle di porcellana esangue, col solo suo nascere aveva ucciso la regina, dentro.


E nei suoi sogni la bambolina viveva, cantava, con le sua labbra rosse del sangue che più in lei non scorreva, e si circondava di sette amici e di pace. 
In quei suoi sogni la bambolina viveva, cresceva, e amava – amava quello stesso principe che accanto alla sua bara vegliava, forse. 
...
Forse proprio quel principe che caduto sotto il candore della luna dolcemente si dissanguava, con nel cuore una scheggia della bara che da sempre custodiva il cuore della bianca bambolina, ella amava.

Il principe aveva vagato per tutta la sua vita in quella foresta tetra, senza arrendersi mai, alla ricerca di lei – e quando l’aveva raggiunta, era morto. A un soffio dal donarle il bacio che l’avrebbe riportata alla vita.          

O almeno questo era ciò che lei sognava.
In ogni caso, il suo principe era morto, proprio alla distanza di un bacio da lei, che dormiva, e non poteva saperlo.

O forse era tutto solo un fungo, e l’amore il frutto della sua inaccorta ingestione.


<...3

Fiori bianchi sulla neve


17.11.77

Deporre un fiore sulla tomba della speranza.
Ho perso qualcuno, l'ho perso perché l'ho ucciso. 
Io l'ho ucciso.
Nel suo petto ho affondato lo stelo, con ancora tutte le spine addosso, dopo averne carezzato il cuore coi petali.
Amavo il suo colore innaturale, il suo costo, il suo tanfo - quel fiore assurdo per natura profumava di cimitero, inchiostro e plastica. Odiavo sapere che mi ero convinta ad amarlo.
E ora incido la lapide come ho inciso la sua pelle nuda, e mi congedo dalla vita, dopo aver annientato un'altra parte di me.
Devo cucirmi gli occhi e smettere di coccolare aghi e spilli 
- è finito per me il tempo delle rose blu.


Sunday 28 April 2013

inchiodata di rose


"There is a rose that I want to live for
- although, God knows, I may not have met her..."

The Clash, The Call-Up
(from Sandinista! ,
1980)



Fiore di croci

TWS



(thanks for this rose's head symbol, cut from
 http://www.vectorstock.com/royalty-free-vector/icon-set-of-roses-with-reflections-vector-523027)


Furlans do it better




Keep calm and vonde monadis, Marcelletti


(manifest fat su da mestri Marcelletti)


Saturday 27 April 2013

cruci/fixation




Croce in nero

TWS







Code di rospo e cuori spezzati


Era una notte buia e tempestosa, e la Regina stava interrogando lo Specchio.
Specchio specchio delle mie brame, disse, osservandosi con un brivido di esaltazione su quella superficie lucida e perfetta.
L'elettricità nell'aria fresca dell'ora delle streghe la ubriacava sempre.
Fece un respiro, voluttuoso e profondo, e con gli occhi scintillanti di vanità e sfida pose la sua solita domanda. Non c'era altro al mondo, che le potesse dare tanto piacere, quanto la risposta che sarebbe seguita. Si leccò le labbra, polpose e rosso carminio, come ciliegie mature e...
Chi è la più..., il suo solito rito iniziò.
Ma lo Specchio, in quella notte di luna ombrosa, questa volta la fermò.
Regina, mia regina, intonò, con la voce profonda come l'Inferno. Perché mai continui a crucciarti sempre sullo stesso quesito? 
La Regina esitò, perché mai prima lo Specchio aveva detto qualcosa di nuovo.
Da anni, quel puro cristallo la compiaceva, ripetendole ogni notte la stessa folle cantilena.
E mentre la Regina esitava, senza trovare alcuna risposta da dare, lo Specchio rifletté un bagliore insolito, che la fece vacillare.
Sai bene di possedere tutto il più grande, il più oscuro potere, mia Regina. Perciò, come potresti avere anche l'amore? La bellezza non ti serve, perché tu già rifletti nel tuo cuore le invicibili forze del male.
La Regina, ancora muta, affondò i denti nelle proprie labbra.
In un battito ruppe in infiniti pezzi lo specchio, e impazzì.

Il cuore pieno, o la mente ubriaca. 
O almeno è questo, ciò che si dice in giro.


 

Thursday 25 April 2013

Eight hundred heights


Ovvero, la divisa della sacerdotessa presuntuosa. 
Cose che mi rende felice indossare:


1. I travestimenti da Harley Quinn, da maid, e da Biancaneve. Innocenza distruttiva, amore puro e insano, chibi beauty gone wrong.
Anche perché adoro >

2. I corsetti. Forse non ho il fisico, ma a me comunque piacciono.

3. Le croci. Orecchini, ciondoli, t-shirt (> croce a Τ... ihih... No. Intendevo le decorazioni stampate sulla t-shirt .-.), tatuaggio... La ragazza delle croci.
Anche la Cross Punisher di Nicholas D. Wolfwood potrebbe piacermi. Ma si tratterebbe di un accessorio da usare, non da indossare. Proprio come >

4. Gli accendini. Le candele. I fiammiferi. Tutti accesi, rigorosamente. Se no inizio a fibrillare, e mi si asciugano le fauci.

5. I boxer, le magliette e i reggiseni con stampe grafiche cartoonose e dai colori acidi. Molto "kidult" e molto cool. Magari qui non dovrei dirlo. Ma nessuno scoprirà mai cosa dico.

6. Qualsiasi cosa con stampa a righe. Meglio se >

7. In bianco e nero.
Magliette alla Pugsley Addams, per esempio. Calzetti optical, pigiami da carcerato.
Gli orecchini ad ammanita muscaria. Il mio braccialetto navy. Il tartan punk o un po' emo.
Bianche (ma non solo), le ampie camicie da uomo, e le calze. Neri, gli stivali da soldato o pirata, e i giubbotti.
Rose nere in campo bianco.
Ma questa era particolarmente scontata, perché vivo la mia vita à pile ou face (cit.), si sa.

8. Le borchie? Concettualmente.
Si vedrà.

9. I guanti, bianchi in pizzo, bianchi à la gentleman, oppure di pelle, viola.

10. Le catene - sugli stivali, al collo, al polso, magari come un bracciale a forma di manette.
D'argento, meglio. Brillano, e sono più fredde.

E dato che due punti qui sopra non ne fanno uno, le cime sono giusto otto - gli spunzoni di un letto di spilli.

 Di ciò, a chi importava?
Ma a moi, naturalmente.

X . x, 
TWS



the wrong (?) side of the moon


MILO:                                            WHAT D'YOU THINK, DENT?
TWO-FACE:                                 THE MOON IS SO BEAUTIFUL.

          Milo stands behind Two-Face, who continues to gaze up raptly. Two-Face is crying.
Milo simply look bad-tempered. (The thing about Milo is that he's supposed to have been exposed to a 'madness gas' of his own devising. According to 'Who's Who', 'the effects of the madness gas have not been neutralized and Professor Milo remains in custody at Arkham Asylum.' What we're implying here is that the gas has worn off but the poor bastard can't convince anyone that he's back to normal.)

MILO:                                            WHAT?
TWO-FACE:                                 IT'S A BIG SILVER DOLLAR, FLIPPED BY GOD.
TWO-FACE:                                 AND IT LANDED SCARRED SIDE UP, SEE  ?

          We see only the acid-scarred left hand side of Dent's face as he continues to stare at the moon, continues to cry and delivers his bleak punchline.

TWO-FACE:                                SO HE MADE THE WORLD.



                                                                                                              Grant Morrison - Dave Mc Kean, 
   Batman: ARKHAM ASYLUM: A SERIOUS HOUSE ON SERIOUS EARTH
                                                                                                                                 15th Anniversay Edition, DC Comics, p. 33                                                                                                                                                                        




Cut through me



Non farsi prendere dal panico.
Fare un respiro profondo, ed espirare.
Non correre.
Seguire la linea luminosa fino a raggiungere l'uscita.
Non urlare.
Sorridere.
Non farsi prendere dal panico.

Grazie.


--------

   

<---3



TWS



Tuesday 23 April 2013

sogno è realtà



[...] "Are there any lions or tiger about here?" she asked timidly.
"It's only the Red King snoring," said Tweedledee.
"Come and look at him!" the brothers cried, and they each took one of Alice's hands, and led her up to where the King was sleeping.
"Isn't a lovely sight?" said Tweedledum.
Alice couldn't say honestly that he was. He had a tall red night-cap on, with a tassel, and he was lying crumpled up into a sort of untidy heap, and snoring loud--"fit to snore his head off!" as Tweedledum remarked.
"I'm afraid he'll catch cold with lying on the damp grass," said Alice, who was a very thoughtful little girl. 
"He's dreaming now," said Tweedledee: "and what do you think he's dreaming about?"
Alice said "Nobody can guess that."
"Why, about YOU!" Tweedledee exclaimed, clapping his hands triumphantly.
"And if he left off dreaming about you, where do you suppose you'd be?"
"Where I am, of course," said Alice.
"Not you!" Tweedledee retorted contemptuously. "You'd be nowhere. Why, you're only a sort of thing in his dream!"
"If that there King was to wake" added Tweedledum, "you'd go out--bang!--just like a candle!"


Lewis Carroll, Through the Looking-glass: And what Alice found there, 1871, chapter IV: Tweedledum And Tweedledee


madhouse, cathouse, jailhouse


✁---♡


Harley is coming.
That's her lucky hand.




TWS



Acide croix et la violet




Puzzling taste or faith on high

TWS



(my beloved earrings, by Odieuses)





Bianca Neve Bianca Morte


Specchio specchio delle mie brame,
Chi imputridisce in questo reame?

Scatti fiabeschi sulla scena del crimine.























 Pensava fosse amore, invece era già in coma.

TWS



(vestito da Biancanve di Veneziano)

Sunday 21 April 2013

Code name: Lil' pear


Keep calm and be pear.
Imperial pear.



Weird stuff
(keep calm and wear a crown)






(pear icon from: http://homehow.net/pear/pear-coloring-page.html)


♤ High Underground Indie ♤




FEFF 15 mood on:
Oh, I'm such an hipster XD

TWS


(pic creata da moi con l'App BuddyPoke di Facebook, merci)





Saturday 20 April 2013

Inferno, XIII


Inferno,
 XIII


Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato.

Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti; 
non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco.

Non han sì aspri sterpi né si folti
quelle fiere selvagge che 'n odio hanno 
tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.

Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de la Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.

Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani.

E 'l buon maestro «Prima che più entre,
sappi che se' nel secondo girone»,
mi cominciò a dire, «e sarai mentre

che tu verrai ne l'orribil sabbione.
Però riguarda ben; sì vedrai 
cose che torrien fede al mio sermone».

Io sentia d'ogne parte trarre guai
e non vedea persona che 'l facesse;
per ch'io tutto smarrito m'arrestai.

Cred' ïo ch'ei credette ch'io credesse
che tante voci uscisser, tra quei bronchi, 
da gente che per noi si nascondesse.

Però disse 'l maestro: «Se tu tronchi
qualche fraschetta d'una d'este piante,
li pensier c'hai si faran tutti monchi».

Allora porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e 'l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?».

Da che fatto fu poi di sangue bruno,
ricominciò a dir: «Perché mi scerpi?
non hai tu spirto di pietade alcuno?

Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
ben dovrebb' esser la tua man più pia,
se fossimo state anime di serpi».

Come d'un stizzo verde ch'arso sia
da l'un de' capi, che da l'altro geme
e cigola per vento che fa via,

sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue; ond'io lasciai la cima
cadere, e stetti come l'uom che teme.

 «S'elli avesse potuto creder prima»,
rispuose 'l savio mio, «anima lesa,
ciò c'ha veduto pur con la mia rima,

non averebbe in te la man distesa;
ma la cosa incredibile mi fece
indurlo ad ovra ch'a me stesso pesa.

Ma dilli chi tu fosti, sì che 'n vece
d'alcun' ammenda tua fama rinfreschi
nel mondo sù, dove tornar li lece».

E 'l tronco: «Sì col dolce dir m'adeschi, 
ch'i' non posso tacere; e voi non gravi
perch' ïo un poco a ragionar m'inveschi.

Io sono colui che tenni ambo le chiavi 
del cor di Federigo, e che le volsi,
serrando e diserrando, sì soavi,

che dal secreto suo quasi ogn' uomo tolsi;
fede portai al glorïoso offizio,
tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi.

La meretrice che mai da l'ospizio
di Cesare non torse li occhi putti, 
morte comune e de le corti vizio,

infiammò contra me li animi tutti;
e li 'nfiammati infiammar sì Augusto,
che ' lieti onor tornaro in tristi lutti.

L'animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.

Per le nove radici d'esto legno
vi giuro che già mai non ruppi fede
al mio segnor, che fu d'onor sì degno.

E se di voi alcun nel mondo riede,
conforti la memoria mia, che giace
ancor del colpo che 'nvidia le diede».

Un poco attese, e poi «Da ch'el si tace»,
disse 'l poeta a me, «non perder l'ora;
ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace».

Ond'ïo a lui: «Domandal tu ancora 
di quel che credi ch'a me satisfaccia;
ch'i' non potrei, tanta pietà m'accora».

Perciò ricominciò: «Se l'om ti faccia
liberamente ciò che 'l tuo dir priega,
spirito incarcerato, ancor di piaccia

di dirne come l'anima si lega
in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
s'alcuna mai di tai membri si spiega».

Allor soffiò il tronco forte, e poi
si convertì quel vento in cotal voce:
«Brievemente sarà risposto a voi.

Quando si parte l'anima feroce
dal corpo ond' ella stessa s'è disvelta,
Minòs la manda a la settima foce.

Cade in la selva, e non l'è parte scelta;
ma là dove fortuna la balestra,
quivi germoglia come gran di spelta.

Surge in vermena e in pianta selvestra:
l'Arpie, pascendo poi de le sue foglie,
fanno dolore, e al dolor fenestra.

Come l'altre verrem per nostre spoglie,
ma non però ch'alcuna sen rivesta,
ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie.

Qui le strascineremo, e per la mesta 
selva saranno i nostri corpi appesi,
ciascuno al prun de l'ombra sua molesta».

Noi eravamo ancora al tronco attesi,
credendo ch'altro ne volesse dire,
quando noi fummo d'un romor sorpresi,

similemente a colui che venire
sente 'l porco e la caccia a la sua posta,
ch'ode le bestie, e le frasche stormire.

Ed ecco due da la sinistra costa,
nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
che de la selva rompieno ogne rosta.

Quel dinanzi: «Or accorri, accorri, morte!».
E l'altro, cui pareva tardar troppo,
gridava: «Lano, sì non furo accorte

le gambe tue a le giostre dal Toppo!».
E poi che forse li fallia la lena,
di sé e d'un cespuglio fece un groppo.

Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
come veltri ch'uscisser di catena.

In quel che s'appiattò miser li denti,
e quel dilaceraro a brano a brano;
poi sen portar quelle membra dolenti.

Presemi allor la mia scorta per mano,
e menommi al cespuglio che piangea 
per le rotture sanguinenti in vano.

«O Iacopo», dicea, «da Santo Andrea,
che t'è giovato di me fare schermo?
che colpa ho io de la tua vita rea?».

Quando 'l maestro fu sovr' esso fermo,
disse: «Chi fosti, che per tante punte 
soffi col sangue doloroso sermo?».

Ed elli a noi: «O anime che giunte
siete a veder lo strazio disonesto
c'ha le mie fronde sì da me disgiunte,

raccoglietele al piè del tristo cesto.
I' fui de la città che nel Batista 
mutò 'l primo padrone; ond' ei per questo

sempre con l'arte sua la farà trista;
e se non fosse che 'n sul passo d'Arno
rimane ancor di lui alcuna vista,

que' cittadin che poi la rifondarno
sovra 'l cener che d'Attila rimase,
avrebbero fatto lavorare indarno.

Io fei gibetto a me de le mie case».



Dante Alighieri, Divina Commedia


Friday 19 April 2013

High Underground Snow


Ah, la logorrea hipster.


Twisted White Indie
:
Qualcuno dice che sono un bluff,
Qualcuno dice che mento continuamente.
Confesso che dicono il vero entrambi.

TWS




Wednesday 17 April 2013

Il tempo è un sogno sognato tra gli scacchi



Keep calm and obey the White Queen.






Keep calm and ask Alice






TWS


(poster's background by John Tenniel, clock's original image from www.clker.com, 
thanks!)