Cercando nel labirinto degli specchi

Friday, 26 October 2012

Smile and the world will smile with you

Come te le sei fatte? gli chiesi, guardando la pioggia cadere piano sul suo viso.
Nello stesso modo... in cui tu ti sei fatta le tue, rispose lui, guardando le lacrime cadere piano lungo il mio viso.
Un giorno mi sono osservato allo specchio... e mi sono visto... dentro... Mi sono visto allo specchio, e ciò che ho visto... non mi è piaciuto! ...Era uno specchio rotto... No, il vetro della finestra della mia cameretta... sì, la piccola finestra del sottoscala in cui ero... imprigionato... mi ci specchiavo spesso... mentre piangevo. Quel giorno nessuno mi aveva ferito, proprio nessuno, in nessun modo, a nessuna ora... ero confuso, mi chiedevo: perché? e non c'era un perché, e io continuavo a chiedermi perché, perché... ero da solo, lì dentro ero sempre solo - ma quel giorno ero solo in tutta la casa... il rumore della porta che aveva sbattuto... tanti tanti giorni prima... mi risuonava nella testa, insieme alla musica dei passi di chi se ne va e ti abbandona... all'inizio sanguinavo troppo, per muovermi, ma poi... dev'essere stata la mancanza di cibo... insomma, volevo del cibo... così ho pensato che mi sarei potuto mangiare. Qualcuno mi aveva... raccontato... di qualcun altro, che... si era... divorato... la lingua... e io avevo pensato: doveva avere proprio fame! e quel giorno anch'io... avevo fame... e così... mi sono alzato, e quando sono arrivato... davanti al vetro... mi sono visto com'ero... brutto com'ero... i miei a lasciarmi là ci avevano fatto un affare!... non credi? io credevo, sì... credevo così tanto, che... beh nessuno poteva amare, nessuno con tutto l'umano sforzo poteva amare... un bambino... così brutto, che non sorrideva... ma forse mi avevano fatto un regalo, sì, prima di scappare... ecco cosa pensavo, con quel vetro in mano... (il vetro... della finestra, il mio... specchio... no?)... mi avevano donato ciò che di più bello non si poteva donare... mi avevano stampato sul viso... un bel SORRISO!
E a quella parola il suo viso s'illuminò, come una zucca di Halloween al primo bagliore della sua anima di candela.
Una nuova generazione di lacrime mi si radunò agli occhi, pronta a buttarsi.
Loro l'avevano abbandonato. Ma prima di abbandonarlo l'avevano...
Ahah! Mamma, papà, grazie, avevate ragione! Adesso sorrido, adesso sorrido! Voi lo sapevate, vero? Allora tornerete, vero? Voi sapevate che così avrei finalmente sorriso! Però... finse di asciugarsi le lacrime, e poi si accorse che io stavo piangendo davvero. Mi guardò stupito, e io guardai lui in attesa, trattenendo i singhiozzi per un attimo. Però, sai, non sono tornati. bisbigliò, in confidenza, con la stupefatta innocenza di un bambino. Ma io sorridevo, sorridevo finalmente, e sorridevo lo stesso! continuò, riprendendo il ghigno allucinato come se nulla fosse. Chiuso a chiave in uno sgabuzzino di una casa deserta e dimenticata da... Dio... Sia lode a Dio, io sorridevo! mi guardavo allo specchio... al vetro, va bene... e sorridevo... ma poi mi accorsi che non era la mia BOCCA a sorridere! era solo una grandissima macchia! era rossa, e secca, e sapeva di ferro... come quando per farmi addormentare mi davano un pugno sul labbro! era... sangue... non era un sorriso! Non sarebbero tornati, no, perché quello NON ERA UN SORRISO! Ma quel falso sorriso continuava a ridere, nello specchio...
Rabbrividii, perché sapevo cosa stava per succedere. Nella narrazione, intendo. Ero completamente immersa in quella narrazione.
Quel sorriso dipinto, incrostato, ...rideva DI ME! perché... sapeva... ciò io nello specchio sapevo... che quel sorriso non era vero! perciò - non poteva bastare! Ma sapevo cosa fare... e così ridevo anch'io... ma ridevo anche nello specchio, e non potevo... continuare a fingere, in quello specchio! Così colpii...
Eccoci. La vista cominciò a offuscarmisi.
Colpii lo specchio, con un pugno - con la mano... destra... l'altra mi faceva ancora male... non avrebbe colpito... bene... ma non bastò, e lui cioè io nello specchio mi tagliò - tagliai... e allora continuai! Voleva battersi, e io mi sarei battuto! Ah, il mio vecchio... battersi era ciò che ci teneva di più a insegnarmi! Pensai alla mamma, che piangeva e si lamentava di me... dovevo... rimediare... dovevo farle vedere... che ero felice! grazie a lei, grazie al vecchio... dovevo sorridere, perché è così che fa chi è felice! Non è VERO?
Mi afferrò i polsi, mentre io mi sentivo vacillare sempre più forte... e continuavo a piangere... Scoprivo allora di saper fare due cose contemporaneamente.
Alla fine vinsi io... e prima che il mio stupido... inutile... sangue... che inutilmente si rovesciava in giro... macchiasse anche lo specchio - lo specchio, vetro, mi serviva! allora scelsi il frammento più grande, mi guardai bene in ciò che rimaneva degli altri...
Ebbi un conato? No, era un singhiozzo indiscreto, e privo di grazia.
E con quello più grande mi stampai un bel sorriso... sulla faccia.
Singhiozzai di nuovo, e caddi in avanti, sul suo petto. La pioggia e il suo cerone mi colavano addosso, dandomi un po' di sollievo.
Rimasi in attesa, pensando che avrebbe continuato, perlomeno con una conclusione ad effetto...
Lui rimase in silenzio. Sentivo il suo respiro, convulso per l'agitazione del racconto, sul viso.
Appena l'aria fresca della notte - o lo stare salda (salva...) tra le sue braccia - mi calmò, piegai la testa all'indietro, per vedere cosa succedeva nella sua (impresa notoriamente impossibile).
Stare sotto il diluvio così a lungo gli aveva lavato via quasi tutta la maschera. Restava ancora qualcosa attorno agli occhi, ma il resto... la bocca e le guance erano libere.
Sollevai piano una mano, e lentamente - perché potesse fermarmi quando voleva, speravo non violentemente - posai i polpastrelli sul punto più alto della cicatrice di destra, l'estremità più lontana dall'angolo della bocca insomma. Lui non reagì - non sapevo neppure quanto forte gli battesse il cuore... non sapevo neppure se ne avesse uno. Si limitò a guardarmi, con la sua solita luce insana negli occhi, forse un pelo velata, rispetto a prima.
Percorsi colla punta delle dita la cicatrice, dall'alto verso il basso, fino a passare sulle sue labbra, e a risalire l'altra, in senso inverso.
Sono spettacolari, mormorai, in sincera ammirazione. Col cuore che scoppiava.
L'ultima lacrima che mi era rimasta aggrappata alle ciglia cedette, scorrendomi giù lungo la guancia, e lui la vide, e me la asciugò - il contatto del suo guanto in pelle mi fece rabbrividire di nuovo, ma stavolta non per l'impressione.
Quel silenzio... troppo silenzio.
Schiusi le labbra per dire io qualcosa, allora, ma non mi vennero le parole.
Ma adesso sorrido, perché così... il mondo mi sorriderà! concluse lui, allegro.

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