La bestia mi appare davanti, così vicino che riesco a vedere la mia espressione terrorizzata nei suoi occhi.
Dalle zanne gli cola una densa bava grigiastra, con sospette striature rosse.
Il suo fiato fetido mi accarezza il viso, i suoi artigli mi accarezzano il collo.
Immobile, troppo vicina a lui anche solo per tremare, sono schiacciata dalla sua massa contro un muro, non so più quale muro. Mi ha inseguito per tutto il castello, lasciandomi senza fiato, senza scarpe, e con braccia e gambe costellate di schegge di vetro. Ma non sento dolore. Sono troppo impegnata a percepire il dolore che sto per provare, per accorgermi di quello che sto attualmente provando.
La zampa, ruvida e pesante, che mi preme sul collo, ha l'odore della caccia, e dell'incendio nel bosco da cui siamo appena scappati. L'altra zampa, che tiene a pochi centimetri da me, pronta a colpire, all'altezza del cuore - sono sicura che potrebbe staccarmelo in una sola semplice mossa, e senza neanche scomodare la sua irsuta compagna -... so che è lì, ma non oso guardarla. I miei occhi, che bruciano da morire, per colpa del terrore e del fumo, sono fissi su di lui, sui suoi.
Ha gli occhi azzurri come il ghiaccio, e altrettanto empatici e colmi di calore umano. Umano?
...
...è un essere umano, che sta per farmi questo?
Il tempo non scorre più, appena questo pensiero prende a riecheggiarmi nella mente che credevo paralizzata.
Un essere umano che vuole uccidere crudelmente un altro essere umano.
Le sue zanne luccicano nel buio, mentre un lampo tra le fiamme che stanno devastando il bosco a pochi metri da noi ci rischiara - ma è solo un attimo, e del fuoco torna ad arrivarci solo l'effluvio catartico, e il crepitio.
Un essere umano che vuole uccidere crudelmente un altro essere umano, e mangiarselo, probabilmente.
Sotto questa dannata, bellissima luna paffuta.
La mia mano sinistra, che a differenza dell'altra non è bloccata in una inutile morsa attorno alla zampa che mi sta strangolando, scivola piano verso la vita. Scende ancora, e tra i brandelli del vestitino arriva a pochi millimetri dal bordo dell'autoreggente. In un accessorio così pretenzioso e ammiccante, dovevo proprio ficcare la pistola, eh.
Ma non c'è tempo per l'autocommiserazione, il mio senso di colpa fustigherà più tardi il mio goffo narcisismo... se nessuno ucciderà prima la mia coscienza, ben inteso.
Le mie dita sfiorano finalmente il calcio della pistola, sento il suo rinfrancante fresco sui polpastrelli, e poi... - è un attimo, e mi ritrovo a terra, scaraventata dalla bestia, che mi cade sopra in tutto il suo peso. La testa mi brucia, e non so dove... dal profumo ferroso che ora mi circonda, come una soffice nuvola d'ovatta rossastra, presumo di essermi ferita, da qualche parte del corpo. E la bestia è ferita quanto me, se non di più. Sta sopra di me, reggendosi furiosa e debole sulle zampe anterioriori, bava e sangue mi colano addosso, in una pioggia densa che mi inonda di nausea.
La pistola... non c'è più... alzo gli occhi alla luna, ignorando ormai deliberatamente il muso omicida della bestia, ma la luna non c'è più, o meglio, si sta scolorendo nel cielo quasi bianco. Una luce abbagliante e algida si spande ovunque. Sento l'ansimare forte e dolente della bestia, ma non ho più paura - la botta dev'essere stata troppo forte...
Ma la lotta continua, e la bestia ricomincia a infierire: alza le zampe per schiacciarmi ancora, e i suoi artigli mi scorrono rapidi sul petto - evidentemente, pensando a quanto facilmente mi avrebbe potuto cogliere il cuore gli ho dato un utile suggerimento. Mi strappa il tessuto del corsetto, restando impigliato, e continuando a graffiare fino a liberarsi. Vedo fiocchi di pizzo schizzare via da me, come fuochi fatui color perla e pece.
In una botta di energia adrenalinica mi dibatto sotto di lui, e se i miei calci non hanno effetto perché il suo peso mi blocca entrambe le gambe, almeno con gli avambracci riesco a colpirlo in faccia, cioè, sul muso, sempre più forte, violentemente accesa all'idea che ciò che mi sta opprimendo e picchiando non è un animale, e quindi innocente... ma un essere umano, e quindi colpevole! L'odio mi dà slancio, e riesco quasi a rialzarmi, spingendolo via da me - mi scaglio contro di lui ancora, e ancora, con le lacrime agli occhi per l'eccitazione e il disprezzo, desiderando fortissimamente di ferirlo, di fare del male all'uomo che c'è (o c'è stato) dentro di lui... voglio ucciderlo, voglio ucciderlo!
Muori bastardo, mi ritrovo a urlargli contro, colpendolo col dorso della mano, perché non mi rimane altro, dove vedo che il sangue è più scuro... voglio infierire, affondare con le dita - in mancanza di lame - nel punto dove il proiettile è sprofondato, mettere letteralmente il dito nella piaga, e sentirlo urlare dal male... Muori, muori!!
Ma la luce all'improvviso si fa ancora più forte, più calda, investe tutto, e ci travolge nella lotta...
La bestia ulula, e sento tutta la sofferenza del suo verso, mentre in un ultimo gesto mi rovescia di nuovo a terra, la schiena contro il terreno duro d'inverno.
E quando riapro gli occhi, ancora vibriamo di furore, entrambi, incendiati dalla violenza che dobbiamo ancora sfogare.
Su di me c'è lui, è umano ora - sempre che mai lo sia stato. Ludwig coi suoi occhi crudelmente gelidi, e il viso bagnato del suo sangue e del mio.
Tu...? mormoro, tra la sorpresa e l'odio, guardandolo fisso, tremando - di rabbia, e freddo, e caldo... è l'alba, è febbraio, ma il suo corpo emana un certo strano... dolce... tepore, sopra di me...
Ludwig ansima ancora, senza dire nulla, per riprendere fiato tra le fitte della nostra lotta.
Il suo sguardo scende lungo i rivoli di sudore e plasma che mi bagnano il viso e il collo, fino al petto, il cui corsetto è ormai lacerato. Arrossisco, per quanto è possibile - si deve vedere praticamente tutto, là sotto, dannazione - ma non riesco a dire nulla, senza respiro anch'io dallo scontro.
Io ti ho... ti ho ferito, Scheiße! balbetta, a stento, orripilato. Sollevo il busto, quel che basta per dare un'occhiata alla zona che sta fissando lui con orrore e vergogna, ma gli addominali dolgono, e faccio in tempo solo a intravedere una lunga striscia rossastra poco più su del seno. Sverrei, ma sono troppo sfinita e insieme troppo carica per cedere ai miei impulsi di donzella impressionabile. Ti... ti chiedo scusa... sussurra mortificato, apparentemente incurante della ferita che gli ho causato io, e con un proiettile d'argento, tra l'altro.
Non rispondo, alzo gli occhi su di lui, e basta. Incazzata.
Anche lui è ancora teso, lo sento, vorrebbe continuare la battaglia. Il mio desiderio di fargli male non è ancora sparito, anche se non ho più l'impulso scatenato di urlargli di morire.
Poi scatta qualcosa, di nuovo, e vedo nei suoi occhi, puntati sul graffio che ho sul petto, una scintilla di... qualcosa di diverso, non so cosa. Alza anche lui gli occhi su di me, ci guardiamo. Seri, niente senso di colpa, o mortificazione. C'è quasi dell'astio, dell'ostilità, tra noi. Una strana elettricità tra poli opposti, pronta a fare esplodere qualcosa.
Faccio per dire qualcosa, una battuta sarcastica che prima contro di lui non mi sarebbe mai venuto l'istinto di scagliare, quando... la mano di Ludwig, quella stessa mano che prima era una zampa dagli artigli affilati e che mi aveva lacerato vestitino e pelle, scese sul mio petto. Non sul taglio, per tamponare sulla ferita - lì accanto, sul mio seno in bella vista. Sento la sua presa, la mano che stringe, e non so se è piacere o se è il graffio che improvvisamente brucia, ma mi si offusca la vista. Tendo il collo verso di lui, senza sapere che fare, e sento la sua bocca contro la mia. Un bacio che mi stordisce, mi chiude gli occhi e spegne il cervello - sento le corde con cui avrei dovuto imprigionarlo, quelle stesse corde da cui si era tanto facilmente liberato per poi lanciarsi contro di me, dando inizio al nostro duello, le corde ruvide e spesse stringermi i polsi, e lascio fare, non riesco a ribellarmi, non voglio... un lungo bacio, e poi le sue labbra che delicatamente mi sfiorano il collo, scendendo piano, con un tocco leggero che mi fa rabbrividire di piacere... il loro calore contro l'aria sotto zero, il contatto morbido e umido del bacio contro la mia pelle che scotta... Resto di nuovo senza respiro, ma ora non è paura... Le sue mani stringono le mie, la sua bocca scende sempre di più... sento quel che resta del corsetto disfarsi al passaggio dei suoi baci, e poi... la sensazione ruvida e sconvolgente della sua camicia contro la mia pelle, della sua pelle contro la mia pelle... Non apro più gli occhi, mi mordo il labbro, sempre più forte, mentre le sue carezze scendono sempre più in giù... Tremo, quasi, e poi... e poi lui è dentro di me... Non resisto e lo guardo, e lui mi guarda, col volto arrossato e gli occhi luccicanti di febbre... vedo anche dove l'ho colpito, sul petto, di striscio, poco sopra il cuore... graffi e lividi ovunque, ma non li vedrò che tra molto, molto... Mi sfugge un gemito, e inarco la schiena, dal piacere... lui è ancora sopra di me, e si china a baciarmi il seno, arrossendo... riesco a baciarlo, per un attimo, quando riprende a stringermi i polsi, posando le mani sopra la stretta delle corde, ed è un bacio più forte, e violento, in cui ci mordicchiamo a turno le labbra, come belve affamate... fino a quando non crolliamo esausti, l'uno contro l'altra, sul terreno freddo d'inverno, e la guerra è finita, il fuoco si è dissolto lasciandoci nella cenere.
Sotto un sole di sangue, la Bestia ritrovò forma umana grazie all'amore... o fu l'amore a trovare la Bestia grazie alla forma umana?
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