Cercando nel labirinto degli specchi

Friday, 5 October 2012

Il VI arcano.

C'era una volta un principe, che aveva un viso bello e sfregiato.
Nessuno, nel suo regno, conosceva il suo nome: il principe infatti si firmava solo con una carta da gioco.
I colori del suo regno erano il viola dell'uva che sanguina nella vendemmia, e il verde dell'acido in cui si sciolgono i brutti ricordi.
Era un principe solitario, che agiva da solo e amava stare solo - regnava solamente perché sapeva di dover tenere a freno un'umanità folle e stupida.
Un giorno salvò una fanciulla da una festa: la salvò solo perché lei scelse il drink più curioso - una pozione magica che, unica tra tutte a quella festa, non conteneva veleno, bensì gioia. E mentre lei sorrideva, stringendo tra le mani il calice d'argento in cui era stata infusa la magica pozione, pian piano tutti gli altri invitati, orchetti malvagi assetati di bassi vizi e sudore, succhiavano dal regno del principe ogni candore e felicità - il principe non poteva sopportarlo, e quindi ai loro intrugli aggiunse un ingrediente speciale, con cui avrebbe salvato il suo regno da quei mostricciatoli osceni.
Quando la fanciulla ebbe finito il suo cocktail, che aveva sorseggiato immobile contro il bancone, l'invalicabile barriera che separava il cuore suo dal cuore di quel principe vero, quando ebbe finito il suo drink, che aveva i colori dell'indaco degli occhi del principe e del verde Chartreuse del suo abito da Bella Addormentata, e abbassò gli occhi sulla carta che il principe le aveva lasciato per posare il suo bicchiere, si accorse che nell'aria aleggiava un profumo di zucchero, forse zucchero con un po' di whiskey e limone... e mentre raccoglieva quella splendida carta, troppo bella per essere ridotta a sottobicchiere, si accorse che a terra, sotto una nebbiolina color lime appena accennato, giacevano tutti, immobili, gli altri invitati.
Il principe che sola lei aveva riconosciuto, che aveva trascorso la notte con lei oltre quel bancone, davanti a lei travestito da cameriera francese, col bel volto dalle lunghe cicatrici nascosto dall'ombra e dal trucco, il principe le sorrise, e baciandole la mano che teneva la carta, un po' tremante, le bisbigliò che un giorno, presto, avrebbe adorato rivederla. Poi le aveva preso il bicchiere ormai vuoto, e fischiettando, come un barista indifferente, si era voltato e aveva cominciato pigramente a lavarlo.
La fanciulla aveva capito, e bisbigliando anch'io se n'era andata, senza guardarsi indietro, senza guardarsi intorno, seguendo la sua eco in quel labirinto di corpi, seguendo, a ritroso, la scia del profumo verde sempre più debole. Stringendosi al seno la bella carta dei tarocchi, la Sacerdotessa, che il principe aveva scelto per lei.
E così i loro destini, del Matto e della sua vestale, si erano fusi e incontrati quella notte.

La luna non c'era, quando i due si erano conosciuti.

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