Cazzo, non amo nessuno, pensò.
La luce bianca dello schermo le si rifletteva sul viso, dandole una tintarella spettrale.
Gli occhi grigi restavano immobili, freddi, fissi sul monitor, a contemplare la voragine che aveva dentro - il cratere di un'implosione.
Un tempo le piacevano le bionde, ricordava. Le bionde dal volto ovale, da angelo in esilio, incorniciato da morbidi boccoli inanellati, le labbra disegnate e morbide, come quelle di un gatto - uno Stregatto dal sorriso enigmatico... il seno morbido altrettanto, accennato sotto quegli ampi maglioni irlandesi... Sospirò. Belle da mozzare il fiato, di quella bellezza davanti a cui non puoi fare altro che arrenderti, alzare le mani e restare in rispettoso silenzio. Una bellezza dolce e irraggiungibile, quasi inconsapevole di sè, che le ispirava un calore da squagliarle il cuore.
Ora, quelle profonde cotte che il cuore glielo tagliavano come lame di luce il burro, in un chirurgico colpo solo, che si impadronivano di lei in meno di un battito, e la lasciavano boccheggiante e a testa spenta, erano altrettanto rapide nel loro svanire. Come stelle filanti in un cielo estivo, non le lasciavano che il ricordo di un desiderio.
Non ho più nulla, non spero più. Eppure continuo a volere - superfluo aggiungere che non scriveva più. Proprio non ci riusciva. Quando ci provava, si accorgeva - ogni volta come se fosse la prima - che stava solo tentando di muovere una parte di lei che, amputata di netto, ormai non c'era più. Certo, a volte quella ferita spandeva un po' di liquido sul foglio, ma era semplicemente un fiotto putrido che le ricordava che l'unica era arredendersi. Come una volta non poteva che cedere alla devastante passione che si propagava in lei come un'infezione, ora avrebbe dovuto issare bandiera bianca alla sua mediocrità.
Era un sepolcro vuoto, quel tempio che una volta era avamposto di Dioniso.
C'era ancora un fantasma, ad infestare quel cimitero in rovina, sì.
Era perfetto, sì: pazzo, guidato nel suo imprevedibile agire mortale dallo squilibrio di una mente scissa tra il sadismo e il caos, sul filo di un rasoio che non esitava mai ad usare, con gli occhi accesi da una luce malvagia, cerchiati del nero di un pozzo senza fondo, e lunghi canini acuminati, e labbra sporche di sangue (finto forse, o chissà), e cicatrici... Sì, era perfetto, con la sua orrenda risata secca e gelida, la voce che era un sussurro e un grido dall'inferno, bianco come il morto che non ha mai visto la luce, caldo e tenero come le lame con cui giocava, da solo... Perfetto, e ora non le suscitava più niente. Perché era lontano, era come come se non ci fosse più.
Neppure quel bacio, quell'orribile bacio, quel primo che lui le aveva dato cucendole gli occhi, nemmeno quel bacio orribile l'avrebbe fatta rivivere, adesso.
Il suo cuore era morto, e quel clown vi abitava da tempo, nutrendosi a tratti della sua anima vuota.
Non era un clown, ma altri lo chiamavano così... per lei era solo il vecchio Joker delle carte.
Non aveva mai immaginato, prima di svegliarsi dall'incubo del mondo reale, che l'avrebbe incontrato, nel mondo reale.
Berlin - come il disco? no, come la città, vecchia storia - non riusciva più ad amare, e stranamente questo la faceva morire più del solito.
Inchiodata al computer, alla ricerca di una spina che riaccendesse il suo spirito, non sapeva che fare, si lasciava rosicchiare dalla noia.
Pensava a lui, pensava a come l'avrebbe potuto evocare, ma niente risuonava dentro di lei, neanche allora.
Quei chiodi che lanciava nel pozzo, ecco... sprofondavano, senza creare cerchi, nell'acqua.
Pensava a quel bacio, a quello che era seguito, pensava a quell'amore che mai c'era stato, non sentiva lacrime, e più non sanguinava... sul polso lo squarcio si era proprio ben rimarginato.
Ricordò quand'era stata tra le sue braccia, per un attimo, e lui curandola le aveva sorriso davvero... L'ago che spuntava qua e là trapuntandola, non l'aveva sentito affatto, perché c'era lui, e lui la stava salvando.
Guarda, gli aveva mormorato, appena lui si era avvicinato abbastanza. Lei si stava dissanguando, in quell'angolo buio, e lui era corso da lei, e l'aveva stretta forte. Era quasi sicura che il suo sangue l'avesse sporcato, sì. Lui le aveva sorriso, ed entrambi avevano le lacrime agli occhi - lei non sapeva perché, ma entrambi dovevano aver pianto... Un bacio, lei sviene, e quando rinviene è ancora tra le braccia di lui, ma sta meglio - è viva, ora sa davvero di essere viva... E lui è lì, e ora ci sono i poliziotti, ovunque, decine di agenti intorno a loro, ma loro sono vivi, vivi insieme - è l'unico modo...
Berlin ora piange, ma piange dentro di sè, consumandosi. Come una candela che ha raggiungo il fondo, e fa evaporare la sua stessa cera. Forse, fisicamente insensato.
Ricorda quel bacio, e ciò che si erano detti, prima che loro glielo strappassero...
Come te, aveva rantolato lei, sentendo che in quell'attimo era veramente felice. E gli aveva sfiorato il polso, sorridendo.
Come te, aveva sussurrato lui, posando il proprio polso su quello di lei, appena fasciato.
E le aveva sorriso, ancora, davvero.
Berlin abbassò gli occhi in fiamme sul braccio, che le ricadeva in grembo, come staccato dal suo corpo.
Ricordando che quella notte lui aveva usato un pezzo della propria camicia, per fermare il sangue che da lei si spandeva sul pavimento.
Arrossì. Era stata pratica, quella notte, a scegliere di ferirsi proprio nell'infermeria della clinica.
Altrimenti, a quel punto, sarebbe stata certamente morta, davvero.
Quel taglio che dal polso scorreva fino a metà avambraccio... per loro era come una fede nuziale, pensavano rabbrividendo i servitori della legge, guardando il fiore malsano sbocciato davanti a loro.
Berlin aveva pianto, per giorni, dopo l'alba in cui aveva riavuto la vita, e perso il cuore - per sempre?
La giustizia aveva portato via colui che l'aveva salvata dalla morte che aveva tentato per salvarlo.
La polizia aveva spezzato quella contorta catena di filo spinato arrugginito e ortiche che li punge e legava?
Di sicuro, il suo nemico l'aveva sbattuto in una cella. Da cui lui, per quanto grande, stordito da qualcosa che potendo scegliere mai gli sarebbe piaciuto usare (così innocuo, troppo dolce!), non poteva scappare. Una cella che era una bolla asettica nel nulla, senza colore e senza colore, con le pareti imbottite, e una splendida vista sulla propria solitaria prigionia. Neanche sbarre, pareti impenetrabili. E come giacca da camera, la camicia di forza.
Ah, Arkham Asylum.
Ecco dove avrebbe voluto sin da giovinetta passare la luna di fiele.
- Ehm, miele, giusto.
Già, col principe... azzurro... giusto. -
E da quel ricordo, fiorisce qualcosa.
Berlin risorge, ricomincia a sentire qualcosa.
Dal ricordo di quel bacio rifiorisce finalmente il suo dolore.
Lui c'è, c'era ancora. Era dentro di lei, che riprese a sentirlo, ora.
Lei là, persa nella sua bolla dorata, e lui là, tra le braccia della morte.
In quel nido di neve, l'unico colore è porpora - dei petali della rosa, che lei gli ha mandato.
Con l'augurio di guarire presto.
Un augurio per entrambi, per cui la cura è comune.
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