Mi era sembrato di morire di una morte bellissima, e invece sono qui. Buffo no?
Quando si guardò attorno, Berlin vide che là non c'era nessuno.
Era sola.
Sola, sembrava, in tutto l'ospedale.
I corpi abbandonati attorno al letto... poteva essere tutta una sua allucinazione.
Berlin era impazzita, questo era poco ma sicuro.
Sprofondò di nuovo nel cuscino, cercando di non pensare alle flebo che aveva conficcate nelle vene delle mani, delicatamente coperte da piccoli pezzi di scotch che non facevano che tirarle la pelle, ricordandole senza posa che aveva qualcosa infilato dentro, che poteva staccarsi o strapparsi o affondare ancora meglio da un momento all'altro. Cercando di non pensare ai tubi che da lei si diramavano in giro per la stanza, verso un qualcosa di imprecisato alle sue spalle, che lei preferiva non scoprire. Cercando di non pensare alla pelle che le bruciava sotto le bende, sulla schiena e sulle braccia e sulla pancia e le gambe. Cercando di non pensare al clown che la guardava ammiccando dall'altra parte del vetro - o meglio, della barriera che il vetro avrebbe costituito se non fosse esploso in mille schegge, che ora decoravano il pavimento insieme ai cadaveri.
Poi vide che il buio attorno al clown non era mero buio, racchiudeva anche la sagoma buia del suo tenebroso vecchio amico. Che teneva sospeso il clown per il... bavero... di una... camicia di forza?
Berlin inclinò la testa da un lato, e spostò subito lo sguardo verso i propri piedi, dritti davanti a sé, nascosti sotto il lenzuolo. Tenendo gli occhi in quella direzione, non poteva vedere né gli infermieri stesi a terra, né la strana bellissima rosa carnivora che le sorrideva ambiguamente dal comodino, né il pagliaccio assassino che le sorrideva ambiguamente dal corridoio.
Era terrorizzata.
Ma così meritava di doversi sentire, perché si era torturata da sola, dopo aver posto fine al dolore senza fine di un brav'uomo trasformatosi in un terrorista, perché questo aveva cercato di vendicarsi dando la caccia all'uomo che lei... Boh. Già definirlo uomo aveva del surreale.
Adesso si trovava in un sogno romantico d'amore mai corrisposto scritto da Stephen King, disegnato da Frank Miller e diretto da Tim Burton, da un'idea di Jerry Robinson. Mmm.
Almeno c'era il suo vecchio amico a sorvegliarla. Che rise di cuore quando J le mandò un bacio.
Certo, era un bacio che profumava di condanna a morte, ma Berlin sapeva che il suo vecchio amico sapeva che lei, almeno fino a qualche strage prima, sarebbe morta pur di stendersi su un letto di chiodi con quel clown psicotico.
No, psicotico no. J era lucidamente, consciamente, fieramente sadico.
Berlin ricambiò salutando entrambi con un cenno della testa (aveva paura di muoversi di più, convinta che così facendo avrebbe convinto gli aghi a sprofondare dentro di lei), e aspettò. Che altro poteva fare?
Il suo vecchio amico scagliò J nella stanza, facendolo passare attraverso l'aria dove un tempo c'era stata la vetrata, e rimase là fuori ad aspettare.
Berlin guardò J negli occhi lucidi, freddi e cerchiati di nero, come profondi pozzi infestati di notte, e non pianse dalla paura, solo perché aveva terminato le lacrime giorni prima. Il suo vecchio amico la stava punendo, ne era sicura. Adesso J l'avrebbe seviziata, le avrebbe staccato a morsi un braccio e l'avrebbe uccisa lentamente, dopo averle chiesto un palloncino, e fuori pioveva - Berlin ne era sicura, fuori pioveva e c'era una versione di lei bambina che inseguiva una barchetta di carta verso un tombino, ne era sicura... Sarebbe morta due volte, almeno due volte!
Sentì qualcosa di umido spandersi sulla sua faccia. Per quanto ne sapeva, poteva trattarsi anche di lacrime di burro fuso. Non avrebbe spostato lo sguardo da J, neanche per un attimo. Neanche se il suo corpo avesse iniziato a bruciare.
Oddio. Berlin iniziò a sentirsi ardere, dappertutto - sentiva spilli surriscaldati che le attraversavano la pelle, che la scavavano e traforavano, sentiva...
Tesoro. Respira a fondo.
J le aveva preso la mano.
Il suo artiglio guantato di viola era delicatamente posato sulla sua manina bucata.
Ora Berlin non riusciva a staccare gli occhi dalle loro mani, che continuava a fissare, boccheggiando senza potersi fermare. Non respirava, sentiva che non poteva più respirare.
Oddio oddio oddio.
La rosa sul suo comodino tossì, e le mostrò le sue ampie fauci dentate.
Berlin stava per urlare - voleva almeno provarci. Ma J le diede un bacio sulla bocca.
Berlin serrò gli occhi, pronta a sentirsi strappare la lingua in un morso. Era pronta. No, non lo era, stava tremand...
Pausa.
Pace.
Tutto si fece limpido, e il cuore di Berlin si sgonfiò, tornò alle sue dimensioni normali, e riprese il suo lento battito quotidiano. Pace. Una serenità che non aveva mai provato, da lucida.
Ora era lucida, però.
Guardò con occhi asciutti e puliti J, che non le era mai apparso così bello e perfetto ed eroico.
Buonasera, sognatrice, le disse lui, facendole l'occhiolino.
Ciao, rispose lei, con il tono rilassato e sicuro di una donna, una donna vera, pienamente padrona di sé.
Aprì le mani, che aveva tenuto strette con una forza dolorosa fino a quel momento. Da uno dei suoi pugni le cadde in grembo una moneta. La ignorò, persa nella contemplazione di J.
Voleva spiegazioni?
Solo allora sentì il profumo della rosa, per la prima volta. Era...
Veleno? Gli infermieri erano effettivamente a terra, con il volto rovinato da una smorfia di ilarità spaventosa - maschera di pagliacci con le labbra sporche di rossetto. O semplicemente più vasodilatate del solito. L'aria nella stanza non aveva niente di strano... a parte una strana, leggerissima foschia che iniziava ora a diradarsi.
Il suo vecchio amico continuava a studiare la scena dal corridoio, impassibile com'era il suo solito. Pazzesco, considerato che si trattava di un uomo in costume da supereroe con la maschera dalle orecchiette a punta.
Ti è... piaciuto... il fiore? chiese J, serio.
Sì, rispose lei, ma non dovette concepire altro, perché la risata del suo amico riempì la scena.
Lei con stanco stupore, J con stupefacente fastidio - entrambi si voltarono a guardare il Cavaliere Oscuro che se la rideva a pochi metri da loro. Rideva di loro? Berlin se ne sarebbe di certo risentita, se non fosse stata sobria e allucinata.
Che... c'è?! chiese J con la voce vibrante d'odio.
L'altro si placò, ma continuò a ghignare nella loro direzione - un'espressione che Berlin non aveva mai avuto l'onore di vedergli addosso, tanto che da qualche tempo si era convinta che lui non fosse geneticamente capace di sorridere.
Le hai... regalato una rosa? chiese allora, tra il sorpreso e il beffardo.
J si raddrizzò, lasciando di scatto la mano di Berlin, e non riuscì a rispondere, perché subito la sua Nemesi riprese: Lei ti ha salvato... tu l'hai risparmiata... sei evaso e poi sei venuto a cercarla... rubando alla tua... collega... uno dei suoi esperimenti migliori, per eliminare chi vi separava... e le hai pure portato una rosa? Di persona? ricominciò a ridere. Berlin iniziava a credere che il gas che aveva steso gli infermieri e l'aveva fatta andare in para poco prima stesse avendo sul suo tenebroso amico un effetto ancora diverso.
Ah, i progressi della chimica!
Straodinariamente, il delirio del nemico aveva lasciato J senza parole.
Berlin, da cui si era allontanato di alcuni passi dopo averle lasciato la mano, riusciva a vedere che tremava. Come sotto tensione, con scosse che dalle spalle si erano estese alle braccia e alla testa. Piccole scosse, sempre più forti. Sembrava avesse i brividi, come se gli stesse salendo una febbre altissima.
Che... cazzo... ridi... pi-pistrello?! urlò. Aveva perso la sua usuale baldanza, la sua brillante risposta pronta.
Beh... mi sembra evidente che ti sei preso una cot... ghignò l'altro, sempre più soddisfatto.
Sembrava che i loro ruoli si fossero invertiti, che fosse lui adesso a prendersi gioco di J...
NO!
Berlin chiuse gli occhi. Per quanto stordito, il suo cervello rettile sentiva che i guai stavano appena per cominciare.
No! sibilò, recuperando un pochino di self-control, J. Io non...
A me sembra di sì, lo interruppe l'altro, con la serietà di chi possiede il Santo Vero e non ammette eresie o repliche.
J aprì la bocca, fece per dire qualcosa, ma non uscì parola. Cadde in ginocchio, tremando, rannicchiato accanto al letto di Berlin.
Il suo vecchio amico aveva vinto, decisamente, stavolta.
No... no... no... io no... non... io... continuava a ripetere J, ormai tra sé e sé, con gli occhi spalancati in un orrore indicibile.
L'altro lo guardava senza dir nulla, freddo. Berlin capì che non stava infierendo, stava solo aspettando... che lei lo salutasse, e poi... l'avrebbe portato via.
Berlin, che pensava che non avrebbe più sentito nulla, ora invece sentì come se qualcuno le strappasse un peso... qualcosa di vitale... da dentro (dal petto? dalla pancia?), e lo gettasse a spappolarsi contro il muro.
Si alzò senza pensare, strappandosi le flebo (trovata che poi avrebbe rimpianto), e scivolò giù dal letto per accucciarsi davanti a J, che continuava la sua nenia di negazione.
Lo so. Lo sa anche lui. fece una pausa, e aspettò. Vide gli occhi di J alzarsi cauti verso di lei.
Le ricordò un bambino spaventato, che aspetta in un angolo che qualcuno venga a prenderlo, e a finire di picchiarlo.
Non lo toccò. A lui non piaceva essere toccato. Neanche a lei, tranne quando la toccava... lui.
Sentì i segni che lui le aveva lasciato con quel coltello. Scottavano. Non pensava che quella sensazione sarebbe mai... tornata.
Scacciò quei pensieri.
Doveva andare avanti.
Lo sanno tutti. Tu non provi alcunché. Tu non senti quella roba che chiamiamo "sentimenti", è chiaro. Come potresti, se no, fare ciò che fai? A te piace l'odio, piace la violenza... Il male, sfidare la legge... ti diverte.
Divertente... mormorò J. Sembrava più calmo.
Ma non ti piace l'umanità, specie in questa città. Non ti piace lui...
J rise, tranquillo, annuendo.
E non ti piaccio io.
Berlin distolse un attimo lo sguardo.
Le persone... ti capisco, non ti piacciono. Per questo le uccidi e non ci pensi più, vero? altra pausa.
Sentiva l'attesa del suo amico, e gli effetti che il veleno aveva avuto sugli infermieri... bè, iniziavano a far sentire la loro puzza, là sotto. Berlin non vedeva l'ora di alzarsi e sfuggire a quel fetore. Ma stava bene, lì sul pavimento, con J.
Fa parte del tuo fascino. La rosa è meravigliosa, disse poi, per smorzare l'effetto della battuta che in realtà era un complimento, e questo là dentro lo sapevano tutti e tre. Ringrazia Ivy da parte mia. Grazie della visita, J., sussurrò, cercando di suonare calorosamente gentile, ma nulla di più. Soprattutto non "affettiva".
Si alzò, e tenendo i palmi delle mani verso l'alto, per non doversi concentrare sugli effetti delle flebo strappate, tornò a letto.
Wow, qualcuno avrebbe dovuto decisamente aprire una finestra, in quella stanza.
J non disse niente.
Guarisci presto, ragazzina, le disse il suo vecchio amico. Poi entrò, prese di nuovo J per il bavero, senza preoccuparsi di richiudergli la camicia di forza strappata sulla schiena, e trascinandolo con sé se ne andò, mentre a poco a poco gli infermieri storditi riprendevano conoscenza.
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