Cercando nel labirinto degli specchi
Monday, 14 January 2013
artificial-self -halo-polishing
Munchies era una bambolina gotica, che come divisa aveva un corsetto di pizzo bianco e nero, lunghi calzettoni bianchi, ballerine in vernice lucida nera, e una gonna a balze in stile tartan optical.
Nessun colore, a parte il rosso delle sue guance, che prendevano fuoco di tanto in tanto, quando Doc si girava nella sua direzione e la sorprendeva a guardarlo.
Dopo settimane e settimane al suo servizio, Munchausen non aveva ancora capito se il suo capo si fosse accorto o no, delle effetto che le faceva.
Doc aveva le basette, lunghe ma non troppo, gli occhiali con la montatura leggera, in metallo, portava sempre i guanti, pantaloni con la piega, una cravatta - o papillon -, una giacca con le code, e la sua faccia era attraversata da una lunga cicatrice, che si era fatto il giorno in cui era morto Florian.
I suoi capelli erano soffici e bianchi, e non si sapeva perché.
Sono nato così, aveva detto una volta Doc, e a lei era bastato.
Quando le si presentò, in ospedale, Doc aveva ventisei anni.
Quel giorno, quando si era guardato nei frammenti dello specchio che aveva appena spaccato, nel vetro aveva rivisto il bambino che non era.
Quel volto così angelico, quegli occhi che non piangevano, quelle labbra tanto sottili...
Perché non sorridi mai?! chiedevano i suoi parenti, scuotendo il capo delusi. Quella sua calma glaciale, velata di dolce mestizia, li esasperava tutti - ma non lo volevano lasciare stare.
Così lui prese una scheggia, proprio in mezzo ai resti dello specchio, e spezzando la sua immagine scomposta, traccio sul viso di Florian un bel ghigno di pace.
Suo padre ebbe un infarto, sua madre invece svenne, quando infine lo trovarono, tornati dal teatro, mentre lui riposava placido tra le lenzuola macchiate, confinatosi in soffitta.
La mano sinistra era un campo arato, la sua faccia una maschera, ma anche quando lo picchiarono Doc non si pentì, per niente.
I segni ai lati della bocca, che la chirurgia non era riuscita del tutto a celare, ricordavano che quella sera Florian era sparito, era stato sacrificato.
Da quella sera era sorto Doc, e se ne era andato.
I suoi l'avevano lasciato vivere in un attico, nella periferia della città, con un tutore, ben più coraggioso di loro.
Doc ce l'aveva fatta. Era diventato libero, e poteva finalmente recludersi.
Studiò finché doveva, poi congedò il suo precettore. Compiuti i ventun'anni, salutò anche il suo tutore. Senza che venisse informato delle vicende familiari, un giorno ricevette una ingente parte di eredità dal padre.
Coi suoi parenti era rimasto in quieti rapporti epistolari, aveva chiarito tutto tanto tempo prima, quando ancora Munchies non lo conosceva. Nessun rancore, è solo che a differenza di voi non posso essere considerato umano.
Appena la sua mano era guarita, aveva ricominciato a disegnare. Per colpa di un amico che non aveva mai rinunciato ad immischiarsi e andare a trovarlo, in poco tempo il suo stile elegante e lacerantemente incantevole l'avevano reso un autore di culto irrinunciabile.
Così bello che fa male, si diceva, del suo lavoro.
Quindi la sua vita andava come lui l'aveva pensata, e poteva essere se stesso, che tanto nessuno lo vedeva.
A parte Munchies, che però lo idolatrava.
Andava tutto bene, dalla sera in cui aveva ammazzato chi lo torturava.
Era nato così. Fine.
La vita scorreva con il latte e con la china, nell'attico d'avorio Sans Aube.
Però anche allora, Doc non sorrideva mai.
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